In questo periodo nel laboratorio multimediale del CEL A.S.C.U.R "VALE" stiamo iniziando un progetto d' indagine fotografica sul crollo del ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018. Il progetto prevede l'utilizzo del linguaggio fotografico e l' utilizzo di interviste audio poste sia agli abitanti che ai commercianti dei quartieri di Certosa e Rivarolo.
OBIETTIVI
Indagare sui possibili cambiamenti economici e sociali del quartiere Certosa e delle zone interessate al crollo del ponte Morandi.
FASI DI PROGETTAZIONE
- Il progetto verrà elaborato attraverso varie fasi: - Elaborazione e scrittura del progetto all'interno del settore MULTIMEDIALE. - Scelta delle domande da porre agli intervistati. - Primi sopralluoghi e ricerca di contatti sul territorio. - Raccolta del materiale fotografico. - Trascrizione testimonianze personali dei ragazzi del CEL. - Raccolta delle testimonianze/interviste nel quartiere di Certosa. - Raccolta di articoli di giornale. - Rielaborazione del materiale raccolto (fotografie, interviste, articoli). - Produzione di pannelli espositivi da esporre internamente al CEL. - Pubblicazione del progetto sul sito del CEL A.S.C.U.R. "Vale".
Backstage delle interviste ai commercianti
Nelle fasi di ricerca sul campo e di raccolta delle interviste i ragazzi del CEL A.S.C.U.R. "Vale" si sono alternati nel ricoprire i ruoli richiesti dal progetto: 2 INTERVISTATORI, 1 FONICO/OPERATORE AUDIO, 1 SEGRETARIO/A DI EDIZIONE e 1 FOTOGRAFO/OPERATORE VIDEO.
TESTIMONIANZE E INTERVISTE
Durante il progetto sul ponte Morandi abbiamo raccolto delle interviste dei passanti e commercianti sul crollo del ponte:
1) Lei dove era durante la caduta del ponte? Mi può raccontare le sue prime reazioni? "Durante la caduta del ponte ero in Toscana, il negozio era aperto. Io non ero qua, ero in ferie. La mia collega è stata la prima persona ad avvisarmi. Non ci credevo. Appena è arrivata la prima fotografia pensavo che fosse uno scherzo, un fotomontaggio. Poi, avendo il negozio qui a Certosa ho cominciato a pensare ai miei clienti, a mia madre che abitava a Cornigliano, a mia cugina che lavorava da Decathlon...insomma, è stato molto scioccante. Piano piano arrivavano le notizie e si pensava a una strage ancora peggiore. Tantissime notizie, molte voci. Ad un certo punto non sapevo più a cosa o a chi credere. Lontano da casa, faceva tutto più effetto". M.T. (Negozio di calzature - via Jori)
"Ero a casa mi telefona mia cognata e mi dice è venuto giù il ponte, non pensavo il ponte Morandi perché non ci pensi, ho detto subito primo canale e vedo una roba pazzesca mi viene la pelle d’oca ora solo a pensarci.” M.C. (Bar Pinin– via Jori)
"Si, ero qua, stavamo tutti lavorando e all’improvviso abbiamo sentito un boato pazzesco. Pioveva fortissimo, abbiamo pensato a una tromba d’aria anche perché, un po’ di anni fa, qui a Certosa ci fu una tromba d’aria molto violenta che fece un sacco di danni. Abbiamo pensato al terremoto ma guardando sul telefonino e su internet non c’era traccia di nessuna notizia. Cominciammo a sentire un sacco di ambulanze un sacco di cose. Confusione. Mi ricordo che passò un ragazzo urlando che era caduto il ponte e che c’erano un sacco di morti. Continuavamo a non crederci, pensavamo ad un camion che fosse caduto nel fiume. Poi arrivarono le prime foto da un amico. In un attimo realizzammo la tragedia". M.D. (Mercato comunale - via Certosa)
"Quando cadde il ponte non ero al lavoro. O meglio, avevo chiuso l’edicola un quarto d’ora prima. Ero in autostrada che tornavo a casa. Appresi la notizia alla radio. Quel giorno non avrei rischiato passandoci sopra, perché per andare a casa non vado in quella direzione. Però ci sono passato sotto, la stessa mattina che è crollato". M.B ( Giornalaio - via Jori)
"Il giorno che è caduto il ponte ero a casa. Mi ha telefonato la mia fidanzata dicendomi che era caduto il ponte. All’inizio non ci feci tanto caso. Mi sembrava una cosa assurda. Poi, scendendo qui a Certosa, mi resi conto della vera tragedia. Io abito in via Mansueto e dal mio terrazzo ne vedo solo una parte. Non volevo crederci. Non era normale. La realtà che supera la fantasia. Non ci credevo perché pensavo fosse caduto un pezzettino, un calcinaccio, ma non 200 metri di ponte". M.F (Abitante – via Mansueto)
"Erano i miei unici tre giorni di ferie. Mi trovavo a Frabosa Soprana. Girando per le stradine del borgo incontrai molti genovesi (perché Frabosa ha un’alta percentuale di seconde case abitate da genovesi). Notai una certa agitazione, commenti e voci poco chiare che parlavano di un ponte caduto. Poi mi arrivò una telefonata. Tutto vero! Il ponte Morandi non c’era più! Vorrei farvi notare, quanto sia distante il ponte dalla mia attività". F.B (Veterinario – via Fillak)
“Durante la caduta del ponte ero a casa, da una settimana eravamo chiusi, in ferie. Nessuno di noi era qui, avevamo già la testa alle vacanze. Però quella mattina arrivò subito la notizia. Tutti i commercianti mi hanno chiamato . Ho cominciato a guardare internet e mi sono reso conto della tragedia. Non sapevamo cosa pensare”. L. C. (Concessionario Auto - via Certosa)
Nel ambito del progetto, alcuni ragazzi del CEL, hanno voluto descrivere la loro giornata durante la caduta del ponte:
"Era il 14 agosto, una giornata piovosa. Mi trovavo a casa con la mia famiglia e mi ricordo che, con mia nonna, eravamo a letto a giocare con il bambino. Ad un tratto sentimmo un tuono assurdo e il bambino iniziò a piangere a dirotto. Mi alzai per cullarlo e dopo dieci minuti, mia zia, ci chiamò al telefono per accertarsi se stessimo bene. Ci raccontò della caduta del ponte e di quello che stava succedendo in Val Polcevera. Alla tragica notizia, mia nonna, presa dal panico, accese la televisione su Primocanale e cominciò a chiamare i parenti per assicurarsi che stessero tutti bene. Per fortuna, nessuno della nostra famiglia, si trovava coinvolto nel crollo. C’era un silenzio tombale e in casa eravamo tutti senza parole; nessuno della mia famiglia riuscì a darsi delle spiegazioni su ciò che Genova stava vivendo. Perché? Cosa era successo? Eravamo tutti increduli. La tristezza e la compassione verso le vittime e le famiglie delle persone morte durante il crollo, aumentavano con il passare delle ore. Intanto, le trasmissioni televisive, cominciavano a collegarsi da tutto il mondo".
"Il 14 Agosto 2018 quando cadde il ponte Morandi, pioveva molto forte ed il cielo era scuro e nuvoloso. Eravamo in piena estate, ma la giornata sembrava autunnale. Mi trovavo a Pegli intento a guardare la televisione quando ad un certo punto, mio fratello Davide, mi disse che era caduto il ponte dell’autostrada. Ero seduto in cucina, cambiai subito canale e mi accorsi che tutte le trasmissioni televisive erano direttamente collegate dai luoghi della tragedia. Mi preoccupai subito al pensiero che tra le vittime ci potessero essere persone, amici, parenti a me conosciuti. Chiamai subito mio zio per sapere dove fosse, ma fortunatamente si trovava in campagna, a Voltaggio. In casa il tempo sembrava passare molto lento. Per la pioggia non potevamo uscire. Sono rimasto in casa, in compagnia dei miei fratelli e di un mio amico. Continuò a piovere per tutta la giornata e solo nel tardo pomeriggio il sole tornò a splendere sulla città. Solo in serata arrivarono i nomi di alcune vittime. Tra queste c’era un caro amico della compagna di mio padre".
"Era il 14 agosto 2018 e mi trovavo in comunità. Mi svegliai perché ricevetti una chiamata da un mio amico che mi chiese se stessi bene perché era crollato il ponte di Genova. Subito non riuscii a capire bene il senso della telefonata; stavo dormendo e non sapevo cosa realmente stava succedendo dall’altra parte della città. Allora ho chiamato un amico che abitava vicino al ponte sia per accertarmi che stesse bene, sia per farmi raccontare cosa stesse succedendo nel suo quartiere. Mi ricordo che era una brutta giornata, pioveva a dirotto e non c’era nessuno in giro. Dopo un po’ si sentivano solo le sirene dei mezzi di soccorso. Nel giro di poco tempo, dappertutto, su internet e sui siti più importanti internazionali, girava la notizia che il ponte era caduto. Le prime voci dicevano che c’erano più di 100 vittime . Mi chiamò anche la mia famiglia dall’Albania. Parlai con mia madre e mia sorella, entrambe molto preoccupate perché avevano seguito la tragedia in TV in diretta dall’Albania. Anche mio fratello mi scrisse, ma solo per salutarmi perché del ponte di Genova non sapeva ancora niente. In comunità erano tutti senza parole, sia i ragazzi che gli educatori. Quella tragica giornata l’ho passata in comunità, senza fare nulla. Sono rimasto a pensare un po' al ponte di Genova e quando in serata smise di piovere uscii a fare due passi con qualche amico".
2) Come è cambiata la vostra economia nei due periodi, prima e dopo il crollo del ponte?
"Certo che è cambiato il fatturato del Mercato Comunale! È cambiato di tanto perché abbiamo perso un pezzo del nostro quartiere: via Porro. Tantissimi nostri clienti erano residenti, ed abitavano in quella che ora è definita zona rossa. Il nostro bacino di utenza si è ridotto. L’intero mercato ha subito una diminuzione del 30% - 40% in termini di clienti e di fatturato”. M.D. (Mercato Comunale– via Certosa)
"Noi siamo una azienda familiare, molto piccola. Il nostro fatturato sarà diminuito del 20% - 30% da quando è caduto il ponte. In questo momento, venire qui da noi a comprare vino risulta essere un po’ più difficile. Tanti venivano anche a piedi o con l’autobus. Adesso l’autobus non passa più, a piedi non ci puoi più arrivare e in più, tanti nostri clienti pensano che siamo chiusi perché siamo quasi al limite della zona rossa”. F.B. (Vineria –via Fillak)
"A livello economico stiamo soffrendo più adesso. Appena successa la tragedia abbiamo continuato a lavorare con la gente di Certosa. Col tempo, e ora sono già sette mesi, ci siamo resi conto che abbiamo perso tutto il quartiere del Campasso. Lavoravamo molto con i quartieri che si trovano aldilà del ponte Morandi. P.G. (Fruttivendolo– Piazza Piombino)
"Conosco molte persone tra gli sfollati. Gente che vedevo spesso. Alcuni erano nostri clienti. Molti anziani. Quello è un problema che mette davvero tanta tristezza. Persone nate in quella via e rimaste lì fino alla vecchiaia. Magari hanno avuto una casa anche più bella o in una zona meno periferica. Per fortuna alcuni andranno a stare meglio, ma tanti, credetemi, hanno sofferto molto il dover lasciare per sempre la propria casa”. L.C. (Concessionario Auto – via Certosa)
"Conosciamo un sacco di persone tra gli sfollati. Molti clienti e alcuni amici si sono trasferiti in quartieri più lontani. Per certi versi diventa anche un problema sociale: penso all’anziano che prima poteva andare per Certosa con il suo carrellino a fare la spesa. Sicuramente aveva la sua routine, le sue abitudini, i suoi negozi, le sue relazioni. Quando si è anziani non è facile riabituarsi ad un nuovo contesto. Si ha più paura. È una questione di fiducia, di conoscere il proprio quartiere”. F.B. (Vineria– via Fillak)
“Di lavoro ne ho perso molto. Vi dico un numero che potrebbe essere abbastanza chiaro per voi. Il giorno del crollo ho perso 40 dei miei pazienti. Erano residenti in via Porro e nella zona interessata al crollo. 40 persone per una struttura come la mia non sono poche. Loro hanno perso casa e chiaramente e sono stati delocalizzati in altri quartieri della città. Quelli che non abitavano qui e che venivano apposta da me, trovando traffico, code e strade chiuse, hanno preferito trovarsi un veterinario più vicino a casa. All’inizio ho sollecitato le autorità, sul problema della viabilità che stava compromettendo molte aziende e attività commerciali. Se passa tanto tempo le persone si riorganizzano e trovano giustamente altre soluzioni”. F.B. (Veterinario– via Fillak)
"Subito anche se non è bello dirlo ho pensato ecco è finita la nostra attività economica però via via che passavano le ore vedevi che i morti aumentavano e pensi alla tragedia Noi non abbiamo diritto a dei rimborsi perché i primi due mesi noi abbiamo lavorato bene perché eravamo ad agosto c’erano i bar chiusi un sacco di gente che girava, forestali, vigili del fuoco, volontari e venivano a prendere il caffè c’era pieno di gente e pieno di curiosi giornalisti c’era pieno non cera mai stata cosi tanta gente a certosa. Quindi parametravano sulla diminuzione degli incassi nel primo mese, a dire la verità no perché batto quasi tutto e lo sai, ora si da due tre mesi vedi il mattino e la sera, la gente non passa più di qui finché non aprono via Fillak.” M.C. (Bar Pinin– via Jori)
3) Da quando è caduto il ponte, quanto è stato importante relazionarsi con le amministrazioni pubbliche?
“All’inizio è stato fondamentale relazionarci con le amministrazioni pubbliche. Anche solo per affrontare le burocrazie previste per richiedere i rimborsi. Abbiamo fatto molte riunioni, ci hanno spiegato in maniera semplice e diretta le varie strategie per dover gestire l’emergenza. Ci siamo confrontati. Abbiamo esposto i nostri punti di vista. Soprattutto sulla situazione della viabilità, sui parcheggi. Ci hanno ascoltato. Il Municipio ha lavorato molto bene, ha cercato di risolvere i nostri problemi, a sette mesi di distanza le amministrazioni continuano ad interessarsi al ponte. Fanno qualcosa. Sicuramente l’attenzione si è un po’ spostata su altri problemi. Poi tra municipio e comune non si capisce bene dove finisce l’intervento di uno e dove arrivi quello dell’altro. Però capisco il disagio. La difficoltà di gestire questa situazione. C’è anche il doppio ruolo del Sindaco. Perché da una parte dovrebbe garantire gli interessi dei cittadini per quanto è Sindaco. Dall’altra è Commissario. Lui dovrebbe cercare di ricostruire il ponte più velocemente possibile, quindi anche lui ha un ruolo molto difficile e delicato e non sarà facile”. F.B. (Vineria -via Fillak)
4) Come ha reagito l’intera comunità nei quartieri interessati nel crollo del ponte?
"Per fortuna le persone hanno lavorato bene, sono state molto solidali. C’è stata molta solidarietà e il quartiere ha reagito bene. Tutti quanti abbiamo provato a dare una mano. Ognuno con le proprie forze. Nel primo periodo sono venute anche delle persone dal Piemonte. Si sono organizzate con dei pullman per venire qui a Certosa a fare la spesa. Hanno acquistato dai vari negozi della zona. Venivano una volta al mese. È stato un grandissimo gesto di solidarietà..” F.B. (Vineria –via Fillak)
“La reazione del quartiere c’è stata. Anch’io fin da subito, insieme ad altri, mi sono dato da fare per cercare di avere risposte dalle autorità. Le volevamo subito. Come in tutte le tragedie c’è stata una risposta emotiva, una riscoperta della vicinanza, si parlava con persone con le quali non avrei mai parlato o più parlato. Abbiamo cercato di reagire. All’inizio c’è stata una reazione un po’ frammentata. Si sono costituiti comitati che non interagivano fra di loro. C’era confusione! Ora le cose sono diverse. Dopo7/8 mesi siamo molto più organizzati, ci coordiniamo per poter anche dare delle risposte concrete alla cittadinanza. Risposte sulla sanità, sulla sicurezza, sulla viabilità ma soprattutto sul futuro economico del quartiere. Vi ricordo che ci sono 600 attività in Valpolcevara e più di centomila persone che vivono su questa valle. Calcolate che ci sono capoluoghi di regione che non sono cosi grossi. È un problema di una delicatezza enorme”. F.B. (Veterinario– via Fillak)
“Ho avuto il gazebo con la raccolta fondi proprio qui davanti al negozio. Ci siamo organizzati. Molta solidarietà. Associazioni, Comitati, Società. Ci conosciamo tutti qui a Certosa. Siamo tutte persone che hanno voglia di fare. Molti erano della Protezione Civile. Sempre in divisa. Sempre presenti. Si sono dati molto da fare. Per non parlare dei Pompieri…”. P.G. (Fruttivendolo– Piazza Piombino)
5) Gli sfollati dove sono stati ricollocati?
"Si un sacco di gente, quante persone cerano 200/400 persone, io ne conosco diversi che hanno trovato alloggi, tanti sono stati già risarciti, li hanno ricollocati, poi chiaramente con i soldi che gli hanno ridato ci prenderanno un appartamento, però sono stati quasi tutti ricollocati.” M.C. (Bar Pinin– via Jori)
Per tante persone è stato doloroso lasciare la propria casa. Personalmente ho vissuto male la storia di quel vecchietto che ha abitato tutta la vita in via Porro. É stato spostato, ricollocato e dopo un mese e morto di crepacuore. È mancato. Una storia tragica, molto triste. Però c’è sempre un rovescio della medaglia: paradossalmente coloro i quali sono stati sfollati sono stati quelli più tutelati. Non c’è stata nessuna tutela, invece, per quelli che ancora oggi vivono qui, intendo quindi le aziende, le attività e anche i residenti”. F.B. (Veterinario– via Fillak)
6) Cosa ne pensa della demolizione dei palazzi? Saprebbe raccontarci come utilizzeranno quella zona dopo la demolizione?
La demolizione dei palazzi avverrà solo ed esclusivamente nel momento in cui sarà effettuata una bonifica totale. Sono due gli edifici che corrono sotto il ponte. Per quanto riguarda l’utilizzo della zona ci sono alcuni progetti che prevedono la creazione di un parco sotto il ponte. I comitati sono fortemente contrari a questa idea perché il rischio è quello che diventi un luogo per prostituzione e spaccio. Credo che la Valpolcevera, Certosa e Rivarolo abbiano bisogno di altre cose. Per esempio una nuova viabilità, di un maggiore insediamento di aziende, di investimenti...abbiamo bisogno di altre cose piuttosto che di un parco! Credo che sia la scelta peggiore che loro possano fare. Devi considerare che questa è una zona che ha bisogno solo di una parola “riqualificazione”: riqualificare significa riportare lavoro. Se si porta lavoro, si porta dignità e legalità. Se si toglie il lavoro, si toglie legalità e dignità. Calcola che il mercato immobiliare qui è precipitato e si trovano case a 30.000 euro, che è un costo ridicolo per un appartamento ed è logico che chiaramente questo attiri povertà. Di sicuro non attira investimenti. Se attiri povertà diventa un problema di gestione della sicurezza: quello che noi abbiamo detto al sindaco è che se vuole gestire un ghetto si accomodi, ma sappia che gestire un ghetto è un’esperienza molto molto difficile. Non vogliamo essere un ghetto.” F.B. (Veterinario– via Fillak)
7) Visti i continui lavori/ ristrutturazioni avvenuti in passato, avreste mai immaginato una tragedia simile?
"No ci credo ancora! Quando passo in scooter e ci passo sempre, anche 4 volte al giorno, guardo sempre le macerie e mi sembra impossibile. Sopra non ci passavo mai, mentre sotto invece si, tutti i giorni. Pensa che passavo proprio di fianco all’AMIU, dove è venuto giù il pilone. La cosa assurda che tutti i giorni ci vedevo sempre gente lavorare. Il cantiere era aperto giorno e notte. Tra me e me pensavo e se viene giù un calcinaccio o qualcosa di simile mentre passo con lo scooter? Tutte le volte che ci passavo dava l’idea che prima o poi sarebbe venuto giù”. M.C. (Bar Pinin– via Jori)
ALCUNI SCATTI DURANTE LA PRIMA USCITA DI RICERCA FOTOGRAFICA